BREXIT E LE PROSPETTIVE LINGUISTICHE PER L’EUROPA

BREXIT E LE PROSPETTIVE LINGUISTICHE PER L’EUROPA

Brexit

In Europa, dopo il referendum in Gran Bretagna che ha sancito di voler uscire dall’Unione Europea, la cosiddetta “Brexit”, sempre più spesso si nota che le persone ed anche diversi mezzi di informazione iniziano a porsi delle domande sull’illogicità del regime linguistico: l’inglese è la lingua principale delle istituzioni europee, malgrado che la Gran Bretagna entro breve non farà più parte della UE.

Non soltanto gli esperantisti, ma anche molti altri esprimono le loro perplessità in proposito e cominciano a mostrare un certo interesse verso l’esperanto, quale possibile eventuale lingua sostitutiva.

Tempo fa un esaustivo articolo sulla lingua internazionale esperanto venne pubblicato da una delle più importanti riviste tedesche: “Der Spiegel”. In esso venivano presentate le nuove prospettive linguistiche per l’Europa come probabili soluzioni.

 

Quale sarà in futuro il regime linguistico nella UE?

 

In primo luogo, senza dubbio, la più accreditata alternativa potrebbe essere di un ulteriore rafforzamento dell’inglese nella sua attuale posizione quale principale lingua di lavoro nelle istituzioni dell’Unione Europea. Tutte le compagnie, le istituzioni ed i sistemi internazionali usano l’inglese e cambiare comporterebbe un elevato costo per tutti.

Immaginiamo soltanto ciò che si dovrebbe fare in tutti gli aeroporti e nell’ambito delle compagnie di volo: insegnare una nuova lingua a migliaia di impiegati, rifare i programmi ed i contenuti informatici, riscrivere tutte le indicazioni sulle strutture interne ed esterne, ristampare tutti i libri, le brochure, emettere nuovi documenti, biglietti e così via, pubblicare dei specifici dizionari… Enormi costi e impegni lavorativi per sostituire ciò che già funziona! Chi avrebbe il coraggio, volontariamente, di intraprendere un simile sforzo, per non parlare delle voci contrarie a tale “follia”? Inoltre bisognerebbe anche “istruire” il pubblico. Quanto sarebbero utili detti cambiamenti, se il pubblico non conosce la lingua?

Inoltre, attualmente si parla molto di costituire un fronte comune di difesa con la costituzione di un apparato militare europeo ed è subito evidente che il problema della lingua di comunicazione diventa di primaria importanza.

Un’altra alternativa sarebbe quella di mantenere lo stesso sistema linguistico, cioè quello predominante dell’inglese, ma con un ruolo rafforzato di alcune delle lingue più “forti”, come ad esempio il francese ed il tedesco e magari anche l’italiano e lo spagnolo.

Queste sono alcune delle possibili scelte, ma ciò potrebbe creare qualche conflitto in quanto altre lingue, ad esempio la polacca e la portoghese vorrebbero trovarsi in analoga posizione. È da tener presente che tali eventualità dipendono dalla  disponibilità di ogni singolo stato a pagare i costi conseguenti.

A portata di mano ci sarebbe un’altra prospettiva, sebbene molto improbabile, che tuttavia diventa sempre più presa in considerazione, ed è l’uso di una lingua neutrale. In questo caso i ragionamenti e le discussioni potrebbero vertere sul latino e l’esperanto.

Se questa prospettiva verrà considerata come una seria possibilità, la sua realizzazione dovrebbe avvenire per gradi. Ed è proprio in tale contesto che l’EEU (Eŭropa Esperanto-Unio = Unione Europea per l’Esperanto) potrebbe trovare un suo spazio propositivo d’azione.